La pazienza nel fundraising
Se il fundraising fosse una casa, le fondamenta dovrebbero essere fatte di pazienza.
Non è detto che un donatore abbia troppo tempo da dedicare alla nostra buona causa. Magari ha anche espresso il suo parere favorevole per il progetto, si è entusiasmato, si è offerto di darci una mano, ma ha i suoi tempi e questi vanno rispettati. Siamo noi a dover avere pazienza.
Per riparlare con il presidente di un’importante holding mi ci sono volute 18 telefonate e una settimana di lavoro. Dopo le prime 7 ho detto: “mollo?”…poi sono arrivato a 15, ho anche pensato di aspettarlo sotto l’ufficio, ho cercato di fare amicizia con la centralinista e con la segretaria, ma la risposta era sempre negativa..poi mi sono detto che 17 porta male e infatti anche questa volta la telefonata è andata a vuoto. Alla 18esima, me lo hanno passato e sono bastati cinque minuti per avere il sospirato ok alla donazione.
Già Raffaele. Il nostro lavoro è fatto anche di tanta pazienza e perseveranza. Ma i risultati arrivano. In più, se siamo sufficientemente attenti, perdurano.
Hai ragione! ma certe volte (forse troppe) il cliente vuole il miracolo…pensa che tu abbia donatori regolari chiusi in frigorifero e pronti all’uso: ricchi, motivati e disponibili…oppure che in una settimana gli organizzi eventi tipo olimpiadi…meno male che hanno inventato il maalox! Ci vediamo a Bologna