#Charityshop tra “mi arrangio” e “come mai non funziona?”
Nel 2013, un sondaggio condotto dalla società inglese Demos rivelò che sei inglesi su dieci concordavano sul fatto che i Charity Shop li aiutino a sentirsi più vicini al mondo della solidarietà. La ricerca evidenziò quanto sia importante il ruolo di questi negozi all’interno della comunità inglese.
I prodotti messi in vendita vanno però venduti o ceduti in cambio di una donazione…questo vuol dire che i donatori o i compratori devono essere invogliati ad entrare nei negozi. Un negozio trascurato, disordinato o anche sporco non aiuterà certo a raggiungere l’obiettivo. Il “mi arrangio” o “improvviso” non porta nessun frutto.
Ho seguito vari progetti legati all’apertura di Charity Shop e credo che l’immagine sia davvero importante, naturalmente senza esagerare. Ordine, pulizia, buona comunicazione, visibilità, pubblicità e prodotti (anche) di qualità aiutano a mantenere il negozio in attivo.
In Italia, spesso, questi particolari negozi sono aperti in maniera saltuaria e gestiti in modo amatoriale ed è un vero peccato perché, come la ricerca di Demos dimostra, i Charity Shop sono modalità molto utilizzate all’estero per supportare organizzazioni non profit.
Nella foto che allego, un esempio di triste e mortificato Charity Shop della Croce Rossa Francese.
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