In Italia spendiamo poco per la cultura: il marketing e il fundraising come leva del cambiamento
“Il benessere di una società si riflette anche nel suo modo di abitare il territorio e di prendersi cura della propria eredità culturale. In Italia, per ragioni storiche, questi aspetti assumono una speciale rilevanza, tanto che la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico è menzionata dalla nostra Costituzione tra i suoi principi fondamentali. Paesaggio e patrimonio culturale sono quindi da considerare, oltre che beni comuni, indicatori di qualità della vita civile, poiché di fatto, dove la loro protezione si dimostra insufficiente o inefficace, la Repubblica disattende uno dei compiti che la definiscono” . Questo pezzo è tratto dall’ultimo rapporto BES (Benessere Equo e Sostenibile) dell’Istat.
L’Italia resta uno dei paesi europei che spendono meno per i servizi culturali in rapporto al proprio PIL: il 2,9 per mille contro una media Ue del 4 per mille, dato che relega il nostro Paese al 23° posto tra i 28 stati membri. Non certo un dato confortante.
La spesa corrente dei Comuni per la gestione di beni e attività culturali è pari, nel 2018, a 19,4 euro pro capite: 0,6 euro in più dell’anno precedente, ma 2,9 in meno rispetto al 2016. A livello territoriale, continua ad allargarsi il divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno: nel 2018, un comune del Mezzogiorno spende mediamente per la cultura 8,9 euro pro capite (il 45,9% della media Italia e poco più di un terzo di un comune del Centro-Nord), mentre nel 2010 ne spendeva 11,6 (il 52% della media Italia e circa il 40% dei comuni del Centro-Nord.
Sui dati della cultura, l’Istat rileva l’aumento della frequentazione dei musei, soprattutto al Sud, ma anche la concentrazione dei flussi. In Italia ci sono 4.880 strutture espositive permanenti aperte al pubblico (1,6 ogni 100 km quadrati tra musei e gallerie, aree e parchi archeologici, monumenti e complessi monumentali), che hanno accolto nel corso del 2019 quasi 130 milioni di visitatori. Dal 2015 il numero delle strutture censite è però diminuito (-1,9%). L’Istat osserva anche un continuo aumento del flusso di visitatori (+17,5%, e +22,7% nel Mezzogiorno), anche se nel 2019 la crescita è molto rallentata rispetto all’anno precedente (+1% contro +8%). La metà del flusso dei visitatori, tuttavia, si concentra solo nell’1% delle strutture, e la frequentazione aumenta soprattutto nelle strutture più importanti.
L’indicatore di densità e rilevanza del patrimonio museale presenta una distribuzione territoriale fortemente concentrata.
Ci sono infine soltanto quattro regioni, mete privilegiate dal turismo internazionale, che superano la media Italia (1,62 strutture per 100 km2): Lazio, Toscana, Campania e Veneto.
Possono il fundraising per la cultura e il marketing territoriale diventare leva per un positivo cambiamento? Possono se ben utilizzati e programmati. In Italia manca, purtroppo, una vision chiara del futuro del nostro patrimonio culturale.
Può un museo “vivere” al di fuori del suo contesto territoriale? Può un museo essere ancora immaginato come mero contenitore di oggetti e i suoi visitatori, semplici “visitatori”?
I commenti sono chiusi.