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Dopo i “negozi della carità”..ecco i “negozi del gratis”

imagesInteressante articolo sul Corriere della Sera del 15/12/2009 a firma della giornalista Rosaria Amato. Dopo i “negozi della carità” (lo scrivo in italiano..) dove prendi, paghi e fai del bene, ecco i free shop negozi dove prendi e non paghi!

Kostnix in tedesco significa “costa niente”, ed è il nome scelto da un gruppo di amici per il primo “freeshop” di Innsbruck, aperto nel marzo del 2007. Gli oggetti del negozio non sono duty free, liberi da tasse doganali, come nei free shop degli aeroporti: sono proprio gratuiti. Le uniche norme da rispettare sono: non prendere più di tre oggetti al giorno, e non rivendere in nessun caso le cose prese al negozio.

Quella dei “negozi gratuiti” è un’esperienza avviata da qualche anno in Austria (a Vienna per esempio ce ne sono due), in Olanda e in Belgio. I freeshop sono simili ai negozi di carità, solo che tutto è libero e disponibile, che si tratti di un libro, un pezzo di arredamento, un indumento o un articolo casalingo.

L’obiettivo dei freeshop non è quello di combattere la povertà, ma il consumismo, la tendenza a disfarsi degli oggetti che non servono più gettandoli nel cestino, senza pensare che anziché diventare rifiuti, con i pesanti costi di smaltimento che ne conseguono, potrebbero ancora servire a qualcuno, che eviterebbe così di acquistarli, sprecando danaro. “Siamo poco più di una decina di persone – racconta Valentina Callovi – e quindi riusciamo a tenere aperto Kostnix solo il martedì e il mercoledì. Ognuno di noi vi lavora senza retribuzione per due ore la settimana. L’affitto del negozio, 20 metri quadri nel centro storico di Innsbruck, costa 400 euro al mese. Ci finanziamo con un concerto annuo, delle serate con il vin brulè nelle quali ognuno offre quello che vuole, la città di Innsbruck ci dà 1000 euro l’anno e la stessa cifra ci viene versata dai Verdi, che apprezzano il nostro contributo all’ambiente, contribuiamo alla riduzione dei rifiuti attraverso il riutilizzo degli oggetti”.

Potrebbe essere una buona idea anche per l’Italia dove non mancano le associazioni che distribuiscono gratuitamente viveri. Si potrebbero usare delle tessere per gli “acquisti” distribuendole a chi è in stato di bisogno utilizzando le stesse tecniche di controllo e distribuzione del Comitato Nazionale Femminile della Croce Rossa Italiana o del Gruppo di Volontariato Vincenziano.

Una bella iniziativa, simile ai free shop, è il nuovo “Centro Odontoiatrico Sociale” della Croce Rossa Italiana di Napoli: ti curi i denti e paghi molto poco o non paghi.

2 Commenti
  1. riccardo friede dice

    Quella del freeshop é decisamente un’idea controcorrente, che svolge una sicura funzione sociale (dare a chi non ha) ed educativa (dare esempio di una pratica di vita che porta a maggiore sostenibilità).
    Nel comune di Mira (VE), limitrofo a quello in cui risiedo io, c’è stato un esperimento di freeshop durato diversi mesi ma poi accantonato forse un po’ troppo velocemente dall’amministrazione comunale stessa.

    E’ stato un progetto interessante, che prevedeva, eventualmente, anche il baratto di beni.
    Io stesso sono andato un paio di volte a prendere qualcosa… devo dire che fa strano entrare in quello che a tutti gli effetti é un negozio e uscire senza passare alla cassa!

    Sul freeshop di Mira -> Articolo sull’apertura ::: http://bit.ly/8FKuFd – Gruppo FB ::: http://bit.ly/4N1iWP

    A latere, leggevo proprio oggi in un quotidiano locale che al Mestre (VE) un’associazione legata alla Caritas locale nel futuro prossimo proporrà ai negozianti, proprio come avviene per gli alimenti, di donare gli indumenti che perdono del tutto il loro valore di mercato con il passare delle mode, che hanno piccoli diffetti di fabbricazione, che per un motivo o per l’altro non siano commerciabili.

    Un saluto

  2. Raffaele Picilli dice

    Ciao Riccardo. Io mi sono organizzato così: se per due anni uso una cosa (vestiti, scarpe, mobilio, accessori vari,ecc..) poco, molto poco o per niente, la regalo a qualcuno che ne ha bisogno (utilizzo circuito Caritas, Croce Rossa, passaparola tra immigrati ed extracomunitari).

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