Si sta molto discutendo dell’accordo tra Comune di Roma e la società Tod’s per la sponsorizzazione dei lavori di ristrutturazione del Colosseo. Calcolare il valore di una sponsorizzazione non è facile. Trovare un sostenitore pronto a versare 25 milioni è ancora più difficile, specialmente tra le aziende italiane.
Riporto un articolo a firma dei giornalisti Laudadio e Lillo apparso sul “Il Fatto Quotidiano” on line.
“Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, parla di “accordo di massima trasparenza” e annuncia la pubblicazione del documento. Ma il protocollo d’intesa tra il Commissario per l’area archeologica della Capitale, la Soprintendenza e la Tod’s di Diego Dalla Valle per il restauro del Colosseo resta ancora chiuso nei cassetti, anche dopo la denuncia della Uil Beni Culturali e l’inchiesta pubblicata domenica 3 aprile su Il Fatto Quotidiano. Per questo, abbiamo deciso di pubblicare l’intero documento qui sulle pagine de illfattoquotidiano.it, e mettere in pratica una vera “operazione trasparenza” su quello che era stato definito uno storico accordo ma che nessun cittadino, nessun turista, nessun imprenditore e possibile sponsor aveva potuto, fino a ora, conoscere nel dettaglio.
Con l’accordo siglato il 21 gennaio scorso, lo “Sponsor”, la Tod’s di Diego Della Valle, si impegna a finanziare con 25 milioni di euro (incluso di Iva e deducibili fiscalmente secondo legge, ndr) 8 opere per il recupero del Colosseo: si va dal restauro del Prospetto settentrionale a quello meridionale, dagli ipogei agli ambulacri, fino all’illuminazione. Il dieci per cento della dotazione, tuttavia, 2,5 milioni di euro, è destinato alla realizzazione di un Centro Servizi. In pratica “Casa Tod’s” all’ombra del’Anfiteatro Flavio, come è facile dedurre dalla lettura del comma b) del punto 4.1 dell’accordo: “sempre al fine di perseguire la propria attività istituzionale, (l’associazione, ndr) avrà il diritto di realizzare una struttura temporanea e/o allestire una struttura fissa, direttamente o tramite lo Sponsor, (d’ora innanzi, Il Centro) per l’accoglienza dei sostenitori dell’Associazione… (tale Centro) potrà fregiarsi e utilizzare la denominazione e i segni distintivi dello Sponsor”. Un primo, significativo ritorno di immagine per l’investitore che avrà, inoltre, la possibilità di ricoprire i lavori di restauro col proprio logo (comma e del punto 4.2) o imprimere il proprio marchio sul retro dei biglietti di ingresso (comma d), fino a poter ottenere l’accesso esclusivo al Colosseo per gruppi di persone. Vale a dire: se un gruppo di buyers cinesi in Italia per chiudere un accordo con Della Valle ne ha voglia, lo Sponsor potrà accompagnarli comodamente dentro l’Anfiteatro. Piccoli privilegi, di fronte alla lettura del punto 4.1 con cui Commissario e Soprintendente concede, a un’associazione appositamente costituita dallo Sponsor, la possibilità di utilizzare in Italia e all’estero un logo raffigurante il Colosseo. Una clausola che, secondo la denuncia della UIL Beni Culturali, potrebbe fruttare fino a 200 milioni di euro. Diritti che sembrano andare ben oltre i doveri, l’ut des che sovrasta il do anche nei termini: “I diritti concessi all’Associazione avranno la durata di quindici anni”, mentre per lo sponsor “si protraggono per tutta la durata degli interventi e per i successivi due anni”. Questo, a fronte di lavori che al massimo dureranno 24 mesi.”