Per un piccolo museo, i donatori vogliono sentirsi molto coinvolti nei progetti e mai come in questo caso vale l’assunto che “la banconota deve essere legata al progetto”.
L’appello alla donazione deve concentrarsi sui progetti ed è meglio che questi siano diversi per offrire ai donatori un quadro più ampio possibile: arredi, mostre temporanee, giardino, sale interne, mobilio, macchinari, ecc.
Una buona idea può essere quella di creare un gruppo di supporto per il museo, specialmente se la struttura è molto carente rispetto alle “Reti di contatto”. Questo implica sicuramente del lavoro aggiuntivo, ma i risultati arriveranno.
Una collega americana, che ben conosce l’Italia perché ci ha lavorato per oltre dieci anni, (ometto il nome perché non le ho chiesto il permesso di riportare il suo pensiero) sostiene che il loro approccio al fundraising è completamente diverso dal nostro non tanto perché le loro tecniche siano più efficaci ma perché la visione del “bene comune” è diversa. “In Italia, non investite, eppure i fondi per le donazioni ci sono. Avete cose bellissime, ma non le sapete valorizzare”.
Con sottile ironia mi diceva che alla fine, incredibilmente, loro riescono a trovare fondi per finanziare un museo che espone un solo Luca Giordano e tanta paccottiglia, quando noi, che abbiamo molti più quadri dello stesso pittore esposti in un solo museo, non portiamo a casa niente.
ndr: La ricerca comparativa su “fundraising e people raising per i musei in USA, UK e Italia” è curata dal Centro Studi sul Non Profit e da Raise the Wind.