La ricerca, realizzata dal Centro Studi sul Non Profit e sponsorizzata da Raise the Wind, è stata promossa da Competere.eu.
Dal 2010, anno di presentazione del primo rapporto, al 2013, in Italia non è cambiato molto rispetto alla raccolta fondi attuata dai partiti.
La grande novità di quest’anno è però la riforma del finanziamento ai partiti. Si dovrebbe finalmente passare dal fare “raccolta fondi” al fundraising.
Su molte testate si è discusso della Ricerca: Il Fatto Quotidiano, TGNorba, Il Mondo, Vita, Il Giornale di Vicenza, L’Internazionale, Affari Italiani, Avvenire, Formiche, Agenda Parlamentare, Termometro Politico, Il Parlamento, Spinning Politcs, Mezzogiorno e dintorni, Corriere delle Comunicazioni, 9Colonne, InfoOggi, TMNews, AISE Agenzia Internazionale Stampa Estera e Il Brigante. Tanti colleghi ne hanno discusso su Facebook e su Twitter.
Alla presentazione, sono intervenuti i tesorieri del PD e del PDL Antonio Misiani e Maurizio Bianconi. Entrambi, con passione e competenza, hanno parlato di fundraising.
Bianconi, che ha parlato per primo, ha detto che per lui sono finite le donazioni per “fede”, cioè slegate da una motivazione e che le raccolte di fondi sono sicuramente più semplificate in periferia (circoli e sezioni distaccate) che per la sede nazionale di un partito. A suo avviso, le donazioni al partito comporteranno sempre un pericoloso “do ut des” e quindi è meglio che di tutto si occupino strutture esterne (per esempio fondazioni di partecipazione) e non direttamente i politici. La nuova legge non gli piace.
Misiani, ha invece detto che in Italia serve discontinuità e che la nuova riforma permetterà di lasciare ai cittadini l’ultima parola sul finanziamento ai partiti. Il nuovo modello di riforma permetterà un cambio di rotta e nuove opportunità. Per chiedere donazioni i politici dovranno metterci la faccia, cosa che prima non accadeva. A suo avviso, le donazioni devono essere legate a scopi precisi e vanno incoraggiate le micro donazioni per sostenere i circoli diffusi sul territorio.
Queste sono state invece le mie considerazioni (che riassumo per punti):
- C’è differenza tra raccogliere fondi e fare fundraising. Tutti possono raccogliere monete, non tutti fare fundraising. Per fare fundraising serve professionalità, tecnica e trasparenza
- Il fundraising per la politica, per tecniche e tempistiche, è diverso dagli altri “tipi” di fundraising. La differenza che corre è come quella tra acqua e vino
- Non c’è nulla di vergognoso nel chiedere fondi per la politica. In molti paesi europei e negli USA è del tutto normale. Si possono chiedere fondi per un partito, un circolo locale, per le elezioni di un sindaco o di un consigliere regionale…e nessuno si scandalizza.
- Prima del fundraising c’è il saper comunicare. Bisogna saper chiedere fondi
- Servono limitazioni per i donatori in conflitto d’interesse
- A mio avviso, un limite alle donazioni si aggira con facilità
- Un partito avrà difficoltà a gestire le campagne di raccolta fondi se queste saranno proposte, contemporaneamente e per scopi diversi, a livello locale e nazionale
- Sono pochissimi i partiti in Italia pronti al fundraising. Manca quasi a tutti una struttura organizzata e professionale e soprattutto la conoscenza dei princìpi del fundraising.
- Serve un garante indipendente che controlli i rendiconti sia dei partiti sia di chi raccoglie fondi per la politica (fondazioni, associazioni, circoli, privati…ecc)
- Grazie ad una buona campagna di fundraising, un piccolo partito potrebbe raccogliere meglio e più di uno grande. Tutto dipenderà dal tipo di investimento che la politica vorrà o saprà fare.
Nel concludere, vorrei ringraziare tutte le persone che hanno partecipato alla realizzazione, alla presentazione e alla diffusione del Rapporto 2013: Flavio Giordano che ha curato con me la ricerca, Roberto Race, Marina Ripoli, Gianluigi Cioffi, Pietro Paganini e gli amici di Competere.eu, tutti i colleghi stranieri, Milena Grieco e i tesorieri del PD e del PDL on. Antonio Misiani e on. Maurizio Bianconi.