Fundraising nel Mezzogiorno: può essere utile?

Il 21 febbraio, a Bari, presso l’Impact Hub, Scuola di Roma Fund-Raising.it e Consorzio Nova hanno organizzato un convegno dal titolo: “Fundrasing. Un altro welfare è possibile”. L’evento ha avuto anche il patrocinio di Assif e di Fondazione con il Sud.

I lavori sono stati aperti dai due organizzatori Massimo Coen Cagli e Gianpietro Losapio. Gli interventi dei relatori sono stati tutti molto appassionati. Il video del convegno si può vedere qui: http://www.youtube.com/watch?v=OHpKzYtRkP4

Alcune riflessioni sono state fatte rispetto al ruolo e alla funzione di associazioni di “categoria” come Assif o Forum del Terzo Settore, che dovrebbero avere, a dire di alcuni, maggiore rappresentatività politica e istituzionale. Il prof. Giulio D’Imperio si è invece chiesto e ci ha chiesto: “ma chi certifica la qualità della formazione di un fundraiser?”

Questo è il sunto della mia relazione:

Il fundraising, nel nostro Mezzogiorno, funziona sicuramente in maniera minore che nel resto d’Italia e questo, a spesso, per alcuni motivi.

  1. il Nonprofit e gli Enti Pubblici non amano la parola “investimenti“. Si è ancora convinti che un fundraiser lavori a percentuale, quando invece è un professionista che traccia una strategia di collegamento tra Buona Causa e donatore
  2. il Nonprofit comunica male perché spesso ritiene che la “comunicazione” sia un costo da risparmiarsi ma prima del fundraising, c’è la comunicazione. Se non sai raccontarti e non sai raccontare il perché ti servono fondi, non potrai mai chiedere aiuto agli altri
  3. manca una cultura diffusa della donazione che andrebbe insegnata già ai bambini che frequentano le scuole primarie e questo possono farlo anche le le Istituzioni Pubbliche
  4. la donazione non è vista come partecipazione alla risoluzione di un problema o al miglioramento di una condizione di vita, ma come un’elemosina, un gesto di posizionamento sociale
  5. la donazione è vista come un gesto caritatevole, da spendere una tantum e per questo, manca il filo di congiungimento tra donatore occasionale e donatore periodico. E’ qui che si perde il senso del fundraising passando invece alla semplice e diffusa raccolta di fondi
  6. manca trasparenza nella gestione e nella rendicontazione delle donazioni
  7. il cittadino non è solo poco informato sulle donazioni ma non è nemmeno abituato a chiedere maggiori informazioni
  8. le organizzazioni non profit non si affiancano più alle Istituzioni ma le sostituiscono creando delle sacche di sotto salariati o salariati a nero (vedi 118) che minano la credibilità del volontariato. Il volontario è un cittadino che dona il proprio tempo senza chiedere nulla in cambio
  9. C’è enorme differenza tra raccogliere fondi e fare fundraising. In molti si improvvisano “raccoglitori di fondi”..e questo a discapito di chi lo fa con professionalità e tecnica, cioè i fundraiser

Qualche proposta di miglioramento:

  • Il fundraising può e deve essere al Sud il volano di una nuova economia. Dare nuova vita a un monumento abbandonato, a un teatro chiuso da decenni, a un parco giochi in disuso, vuol dire mettere a reddito un bene che porterà lavoro a tanti
  • Bisognerebbe rendere obbligatori e pubblici i bilanci e i bilanci di missione delle organizzazioni che raccolgono fondi
  • Bisognerebbe creare, come in altri Paesi, un’Autority pubblica (o pubblico/privata come suggeriva Massimo Coen Cagli) in grado sia di autorizzare le organizzazioni a raccogliere fondi e sia di controllarne l’operato. Senza autorizzazione, nessuno dovrebbe poter raccogliere un centesimo. Il fundraising ha bisogno di essere protetto perché dipende totalmente dalla pubblica fede
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