#Fundraising e patrimonio culturale: il salto ad ostacoli

In Italia è arrivato il momento di guardare al patrimonio culturale in maniera differente. Non basta chiudere la cultura all’interno di quattro pareti e limitarsi a spolverare o aprire le sale la mattina per chiuderle il pomeriggio. Va necessariamente trovata una modalità diversa per mettere a reddito la nostra Storia, l’Arte, gli spazi, i panorami, le pietre scolpite e anche l’erba o l’acqua.
Il nostro Paese è una grande fabbrica di di cultura. Abbiamo oggetti unici al mondo, in grado di produrre interessi di altissimo livello. Eppure, ci limitiamo a pensare a questi luoghi solo come a vetrine, spesso li usiamo poco e qualche volta ci prendiamo anche il lusso di tenerli chiusi durante le feste comandate: non c’è personale, non si possono pagare gli straordinari…e mi viene in mente Pompei.
Gli ostacoli sono molti ma tutti superabili. E’ solo questione di volontà.
Il primo ostacolo è rappresentato dalla cultura dell’investimento. Secondo Patrizia Asproni, noto esperto in Beni Culturali e presidente di fondazioni e associazioni impegnate nella cultura: “Lo Stato non potrà avere mai abbastanza soldi per tutelare e valorizzare tutto il nostro patrimonio. Neanche se investissimo in cultura quanto fanno la Francia e la Germania. Si deve lavorare con i privati” (settimanale Sette, n°49 del 5.12.2014).
Il secondo ostacolo è rappresentato dalla mancanza di formazione. Marketing, fundraising, progettualità, merchandising, ricerca, innovazione, investimento…sono parole lontane dalle nostre opere d’arte. Sempre secondo l’Asproni, riguardo alle figure dei soprintendenti: “sono convinta che abbiano un ruolo fondamentale, ma troppo spesso vedono come un’ingerenza fastidiosa il solo affacciarsi dei privati su un bene pubblico”.
Il terzo ostacolo è legato alla mancanza di piani di lavoro realmente operativi. Questo accade perché manca una visione ampia di insieme. Un museo non è solo opere d’arte. E’ molto, molto di più.
Il quarto ostacolo è rappresentato da leggi non al passo con i tempi. Defiscalizzare le donazioni al 100% potrebbe essere una soluzione per aumentare le donazioni. A oggi, se la ricerca scientifica riceve l’80% delle donazioni, la tutela del patrimonio resta al 2%. L’Art bonus, oggi, agevola solo il settore pubblico…e i privati?
Prendo dal Redattore Sociale un esempio utile per capire il paradosso delle donazioni nel nostro Paese: “se ho la fortuna di avere diecimila euro e voglio fare una donazione, il fisco si comporterà con me in modo diverso a seconda della mia scelta: se li regalo ad una mensa dei poveri o a chi fa assistenza ai malati terminali avrò un bonus fiscale di 2.6000 euro, se li verso nelle casse del mio partito mi verrà concesso uno sconto fiscale di 2.600 euro, e se infine scelgo di donarli per il restauro di un monumento pubblico avrò dallo Stato (bontà sua) un credito d’imposta di 6.500 euro, anche se divisi in tre rate annuali. Morale della favola: no, le donazioni non sono tutte uguali. E, come sempre, quelle al non profit sono meno uguali di tutte le altre”.

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