L’annuncio della sua candidatura è iniziata con un video, che sul web e in brevissimo tempo, è diventato virale. La Clinton, nello spot, appare solo alla fine e con quattro parole (gli americani hanno il dono della sintesi) mette insieme vision e mission della sua campagna elettorale.
Le attività di raccolta fondi, rivolte a diversi target, sono state sviluppate su un piano a lungo termine. Molto è stato investito su staff e nuove tecnologie.
Il primo incontro pubblico è stato organizzato in occasione di un raduno delle Girl Scout, un’associazione di volontariato…e già qui si potrebbero fare molte riflessioni sul rapporto tra politica, consenso e nonprofit.
La Clinton parte da una base di donatori già fidelizzati e questo sarà per lei un grande vantaggio. L’obiettivo della signora è arrivare a raccogliere, in breve tempo, almeno 100 milioni di dollari. Il marito riuscì a raccogliere, durante la campagna per le presidenziali del 2008, ben 229 milioni di dollari.
Negli Stati Uniti, al contrario del nostro Paese, la raccolta fondi è legata indissolubilmente al voto: “se sostengo la tua campagna elettorale con i miei soldi, non ti farò mancare il mio voto”. Un concetto semplicissimo ma che tanti, in Italia, stentano a comprendere.
Dopo i biscotti con le Girl Scout, la Clinton è andata a cena a Manhattan. Ha incontrato 350 donatori regolari, 2.700 dollari un posto a tavola. Temi toccati durante la serata: le violenze a Baltimora, la necessità di riforme e il matrimonio tra persone dello stesso sesso (la Clinton è a favore ed è uno dei punti del suo programma elettorale).
Il giorno dopo sono stati organizzati dei micro eventi a casa di “grandi donatori” nella speranza di ottenere non solo donazioni importanti, ma anche l’impegno di nuovi supporter ad organizzare altri eventi di raccolta. La strategia, per ora, è quella di concentrarsi su pochi donatori per avere grandi donazioni.