Secondo Wikipedia “Il Terzo Settore si differenzia dal Primo, lo Stato, che eroga beni e servizi pubblici, e dal Secondo, il mercato o settore for profit, che produce beni privati, e va a colmare quell’area tra Stato e Mercato nella quale si offrono servizi, si scambiano beni relazionali, si forniscono risposte a bisogni personali o a categorie deboli secondo approcci che non sono originariamente connotati dagli strumenti tipici del mercato, né da puro assistenzialismo”
In Italia il Terzo Settore ha radici antiche e oggi il volontariato è parte integrante del nostro sistema sociale: protezione civile, assistenza delle famiglie bisognose, ricerca scientifica, protezione animali, cultura, sanità…credo che siano coperti quasi tutti i bisogni e le funzioni in ambito sociale.
A seguito dei cambiamenti economici e politici, il Terzo Settore non può restare fermo e ha necessità di evolversi. Prevedere il futuro in tale campo è quasi impossibile, eppure, è possibile immaginare alcuni scenari per il domani.
Partendo dal presupposto che la diversità è un valore, bisogna rilevare che in Italia il Terzo Settore ha bisogno di collante, in quanto, attualmente è diviso e manca di rappresentanza. Senza rappresentanza è quasi invisibile e lo Stato ne approfitta. Per esempio, solo grazie ad una pacifica sollevazione popolare attraverso i social network, l’Agenzia delle Entrate ha da poco comunicato gli elenchi con i corrispettivi del 5 per 1000 anno 2013, con un ritardo di quasi due anni. Invece, gli elenchi con i beneficiari del 2 per 1000 per la politica sono arrivati in meno di due mesi dalla fine della consegna delle dichiarazioni dei redditi. Una bella differenza!
Etica, concorrenza leale, trasparenza e rendicontazione sono temi che stanno facendo discutere il volontariato di molti paesi europei. E noi quando cominceremo? Quando ci daremo regole che garantiscano, efficacemente, il rapporto tra Nonprofit, Profit e Stato?
Nel prossimo futuro, il Terzo Settore dovrà rinegoziare i suoi rapporti con gli Enti Pubblici, cercando di mantenere la sua autonomia. Il volontariato è ormai un partner indispensabile per la copertura di servizi sociali e di protezione dei beni pubblici, ma è necessario che il volontariato faccia uno sforzo in più, restando nei suoi confini, senza invadere o prendere lo spazio degli Enti Pubblici e del mercato for profit. Insomma, dare a Cesare quello che è di Cesare e lasciare fare a Cesare, quello che Cesare deve fare!
Altra sfida sarà quella di misurare l’impatto degli interventi sociali e capire quanto “rendono” investimenti e donazioni. Tutto questo, però, senza mai perdere di vista l’etica che è uno dei valori primari del volontariato.
E’ prevedibile che, nel futuro, il divario tra piccole e grandi organizzazioni nonprofit andrà ad aumentare. I bisogni e le richieste saranno però diverse. Ciò rende necessaria l’adozione di soluzioni per evitare la nascita di due pianeti distanti. Anche per questo, a mio avviso, la prima vera sfida del Terzo Settore sarà quella di parlarsi, di incontrarsi e di decidere, in autonomia, il proprio futuro. Il Terzo Settore non dovrà essere percepito e considerato più come “ultimo” ma al pari del Secondo e del Primo. E questo dipende tutto da noi.