Non tutti lo sanno ma il contribuente, in Italia, può destinare una quota pari al due per mille della propria imposta sul reddito a favore di uno dei partiti politici iscritti (cito l’Agenzia delle Entrate) “nella seconda sezione del registro di cui all’articolo 4 del decreto legge 28 dicembre 2013, n. 149, e il cui elenco è trasmesso all’Agenzia delle Entrate dalla “Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici”.
Sono stati pubblicati i dati sul 2 per 1000 per l’anno 2017. Solo 3 elettori su 100 hanno donato il loro 2×1000 ai partiti. Pochi, ancora troppo pochi e i motivi sono tanti. Lo scorso anno lo ha fatto solo il 3% dei 40,7 milioni di contribuenti italiani, contro il 2,38% del 2016. Se continua così, per passare dal 3% dei contribuenti al 30% ci vorranno almeno cinquant’anni.
Le preferenze confermano al primo posto il Partito democratico, che segna una grossa crescita passando dai 6.400.000 nelle dichiarazioni 2016 a quasi 8.000.000 nelle dichiarazioni 2017. Crescita anche per Lega Nord che passa da 1.400.000 del 2016 a 1.900.00 nelle dichiarazioni 2017 e per Forza Italia che passa da 615.000 dell’anno scorso a 850.000 delle dichiarazioni dei redditi 2017.
Perché i cittadino non donano? La risposta è semplice ma articolata. Servono campagne di informazione e sensibilizzazione, servono investimenti pubblicitari, serve cambiare il sistema di gestione e amministrazione dei partiti e della loro classe dirigente affinché si attivino per comunicare con il cittadino-donatore in maniera completamente diversa. Il 2 per 1000 doveva servire a sostituire il finanziamento pubblico dei partiti e questo non sta avvenendo. I partiti devono poter funzionare senza ricevere donazioni opache o peggio, in maniera indiretta e poco trasparente. Il 2 per 1000 è una soluzione per evitare il burrone.