Il volume L’Inestimabile valore: marketing e fundraising per il patrimonio culturale (Rubbettino Editore), si apre con l’interessante prefazione del prof. Mauro Giancaspro, docente universitario, scrittore raffinato, già direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli. Collabora con quotidiani e riviste interessandosi prevalentemente di lettura, comunicazione e arte contemporanea. Ha pubblicato, tra l’altro, saggi come “Leggere nuoce gravemente alla salute” e “Il morbo di Gutenberg”, raccolte di racconti come “L’Odore dei Libri” e “Un libro per piacere”, i pamphlet “Elogio del Filobus”, “Elogio della lettera anonima”, “Elogio del recupero”, e i romanzi “E l’ottavo giorno creò il libro” e “Il Vecchio che parlava alle piante”. Tra i molti libri di grande spessore culturale, dall’approccio ironico e fintamente leggero, “Elogio della zoccola” è la sua ultima fatica letteraria, un meraviglioso viaggio nella lingua italiana.
Ecco il testo della prefazione:
Valore, valorizzazione e valori: una sfida da cogliere e da vincere per lo sviluppo del patrimonio culturale.
La parola “valore”, come leggiamo nel Dizionario della Filosofia di Nicola Abbagnano, che è stato un fondamentale punto di riferimento nel corso degli studi universitari di noi ultrasessantenni, “fin dall’antichità fu usata a indicare l’utilità o il prezzo dei beni materiali e la dignità o il merito delle persone”.
Già il sostantivo greco αξια (axìa) indicava tanto il pregio, il prezzo di un oggetto, quanto il merito di una persona, l’aggettivo αξιοσ (àxios) sia ciò che valeva, sia chi era meritevole e il verbo αξιοω (axiòo) sia il valutare il prezzo di un bene, sia l’apprezzare come meritevole un individuo. La lingua latina distingueva le diverse accezioni in due differenti parole: praetium, che si riferiva al valore materiale e venale – sulla base del quale un oggetto poteva diventare praetiosus – e virtus che si riferiva al valore morale, alla forza d’animo, al coraggio, a chi era virtuosus.
La nostra lingua, pur essendo di origine neolatina, ha assegnato nel tempo alla parola valore, la stessa ampiezza di confini semantici della parola greca αξια, accogliendo sia il significato riferito al valore materiale, al praetium latino, sia il significato di valore morale riferito alla virtus.
Coerentemente, anche la valorizzazione del nostro patrimonio culturale può e deve svilupparsi con un impegno parallelo per diffondere conoscenza e fruizione, e per individuare in esso fonti energetiche anche economiche: come dire virtus, ma anche preatium.
Qualcuno ha sostenuto e ripetuto che i beni culturali italiani possono essere considerati il “nostro petrolio”. Considerazione che, detto per inciso, avrebbe dovuto spingere chi ci governa e chi fa le leggi, a incentivare nelle scuole lo studio della storia dell’arte e soprattutto del latino e del greco antico, che al di là del loro valore per il recupero della nostra coscienza storica, sono strumenti di lavoro per chi deve dedicarsi alla tutela, alla conservazione, alla divulgazione e, in una parola, alla valorizzazione di un patrimonio culturale che tutto il mondo ci invidia.
Un’occasione probabilmente mancata. Ma a questa mancata occasione si contrappone la volontà diffusa di chi sente il bisogno di partecipare attivamente, di condividere con l’azione di volontariato e di contribuire economicamente per sentirsi protagonista attivo della crescita della cultura del nostro paese. E per cultura, tra le tante non sempre convergenti definizioni, ci piace accogliere quella indicata da David Throsby, nel suo saggio del 2001 Economics and culture, citata in apertura da Gabriele Granato e Raffaele Picilli: è cultura “tutto ciò che riguarda le credenze, gli usi e i costumi condivisi da una comunità”.
Un efficace programma di valorizzazione del nostro patrimonio culturale, allora, non può non passare attraverso la condivisione di tutti, con appelli e coinvolgimenti che le nuove vie della comunicazione consentono. Chi ha lavorato nel settore dei beni culturali, sa bene che l’accrescimento del patrimonio delle biblioteche, dei musei, delle gallerie e la tutela e la conservazione di siti archeologici e di beni paesaggistici e demo-etno-antropologici, sono stati in passato agevolati dal mecenatismo e dalla generosità di donatori.
Ora non è più tempo, per chi gestisce il nostro patrimonio, di attendere, quando arriva, l’azione del benefattore. E non bastano più i soli organi centrali e periferici dello Stato per la tutela dell’integrità del bene, per la sua valorizzazione e lo sviluppo della sua funzione di educazione e di crescita culturale, umana ed economica. Diventa indispensabile la condivisione con tutti e con tutte le energie disponibili.
Oggi intorno a una volontà che appare in crescita, vuoi per generosità, vuoi per interessi fiscali, vuoi per desiderio di partecipazione personale attiva, anche con prestazione d’opera e di servizio, è arrivato il momento di fare sistema, di creare professionalità e procedure specifiche e specializzate.
Da qualche tempo sta nascendo anche in Italia, per L’inestimabile valore del patrimonio che ci sta intorno, il fundraising. Gabriele Granato e Raffaele Picilli, coordinatori di un prestigioso gruppo di lavoro ed essi stessi autori, danno alle stampe, affidandolo a un editore di consolidatissima esperienza come Rubbettino, questo libro.
Ci viene spiegato come si organizzano e si gestiscono i sistemi di comunicazione, di informazione e di coinvolgimento nella conoscenza e nella valorizzazione del patrimonio; come si organizzano piani articolati di ricerca fondi; quali possono essere i parametri ai quali riferirsi; quali i binari dei tessuti sociali e produttivi sui quali incanalare l’attività di individuazione e di coinvolgimento di eventuali partecipanti e stakeholder; quali le esperienze straniere di eccellenza cui riferirsi; come si organizzano, insomma, marketing e fundraising per il patrimonio culturale, dato il suo Inestimabile valore. Ma soprattutto invitano i lettori a raccogliere questa nuova, vera e propria sfida e a scommettere su di essa.