Il Centro Studi sul Nonprofit insieme a Raise the Wind hanno realizzato, nel 2018, una nuova ricerca comparativa sul fundraising. Lo studio dal titolo “Ricerca comparativa sul fundraising e people raising per i musei: Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America a confronto” è stato pubblicato, per interno, nel volume “L’inestimabile valore: marketing e fundraising per il patrimonio immobiliare” scritto da Gabriele Granato e Raffaele Picilli ed edito da Rubbettino Editore nel 2019.
Della ricerca sarà pubblicato un abstract in tre parti. Ecco la seconda parte dedicata ai musei nel Regno Unito.
Per immaginare il futuro del fundraising nel nostro Paese, bisogna guardare anche alle esperienze straniere, tenendo conto che spesso i mercati e le sensibilità rispetto alle donazioni sono molto diverse. Così come altre ricerche hanno già confermato, il fundraising negli Stati Uniti d’America e nel Regno Unito è molto più sviluppato che in Italia. Non soltanto il cittadino è maggiormente “abituato” a donare fondi ma lo può fare anche attraverso sistemi moderni come l’uso della carta di credito contactless o i bracciali contactless.
Oggetto della ricerca sono le attività di fundraising dei primi dieci musei, per numero di visitatori, degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito e di quindici musei italiani (dieci pubblici e cinque privati).
Musei nel Regno Unito
I dieci musei britannici esaminati fanno ricorso anch’essi a più tecniche di fundraising. Anche per essi prevalgono l’uso della quota associativa annuale e il ricorso alle donazioni corporate. Diffuso è anche il sistema di raccolta fondi attraverso i lasciti testamentari, le donazioni in memoria, le donazioni individuali. Naturalmente, è possibile la donazione anche attraverso il sito web, compilando un apposito form e donando con carta di credito. Anche i musei britannici prevedono i Patron’s circles, clubs di benefattori, che propongono donazioni annuali ma anche mensili. Le somme richieste in donazioni sono generalmente alte.
Esaminando più in dettaglio le attività di fundraising dei musei britannici, si ricava che British Museum e National Gallery di Londra utilizzano più tecniche: sette a testa. Il British Museum ricorre al supporto di due importanti multinazionali come British Petroleum e la Samsung. Queste due aziende partecipano, come sponsor, al sostegno di progetti specifici o all’organizzazione di mostre esclusive.
La National Gallery di Londra riceve erogazioni da parte di trusts e fondazioni.
Il Victoria and Albert Museum utilizza sei tecniche di fundraising che contribuiscono, tra le altre cose, a finanziare il Future Plan ovvero un ambizioso programma che punta ad ampliare gli spazi espositivi del museo.
La Tate Modern e la Tate Britain di Londra, appartenendo allo stesso complesso museale, condividono anche il numero di tecniche di fundraising impiegate.
La Somerset House, tra le varie attività di fundraising, ricorre anche al contributo di molti trust e fondazioni, essenziale per l’implementazione delle iniziative del museo.
La Saatchi Gallery ha come principali attività di fundraising numerose sponsorizzazioni corporate.
Passando ai musei scozzesi la National Gallery of Scotland di Edimburgo, tra le attività di fundraising, dedica particolare attenzione ai lasciti testamentari. Particolarmente interessante e innovativo è lo strumento di pagamento contactless introdotto nel 2017 dal National Museum of Scotland.
Otto musei su dieci offrono l’opportunità di fare del volontariato, con programmi specifici rivolti soprattutto ai giovani. Nove musei su dieci pubblicano sul loro sito web il bilancio di missione.