Alcuni giorni fa, su il ilSole24ore, Angelo Paletta e Antonio Leo Tarasco hanno proposto la creazione di un fondo dei beni culturali per risollevare i conti pubblici e valorizzare il patrimonio.
“Il settore del patrimonio culturale è considerato vittima della crisi da Covid-19 e tra i primi “bisognosi” degli aiuti statali per risollevarsi” scrivono “In pochi lo concepiscono, invece, come un Sole generatore di energia economica piuttosto che come un buco nero destinato solo a dragare risorse senza produrne autonomamente. Può essere, invece, la flessione economica determinata dalla quarantena coatta a riscoprire un valore economico e non puramente ideale all’insieme di beni storico-artistici, archeologici, architettonici così come archivistici e librari”.
La proposta per risollevare il settore consisterebbe nella creazione di un fondo nazionale del patrimonio culturale nel quale far confluire valori e rendimenti dell’intero patrimonio culturale pubblico, non solo statale, ma anche di enti locali ed enti pubblici di altra natura giuridica.
È stato stimato (Tarasco, 2019 e 2020) che – contro i 177 miliardi proposte dalle stime della Ragioneria Generale dello Stato per l’anno 2019 – il solo patrimonio culturale statale vale non meno di 1.770 miliardi. Tale cifra equivale a quasi l’intero PIL nazionale, che nel 2019 l’ISTAT ha registrato a quota 1.787 miliardi.
“L’innovativo fondo, denominabile “Patrimonio culturale”, potrebbe svolgere una funzione di garanzia o controgaranzia statale. Infatti, lo Stato potrebbe inscrivere in bilancio il valore di tali beni, senza mutarne in alcun modo la condizione giuridica, senza alterarne la fruizione di fruizione al pubblico o compromettere le esigenze di tutela. L’insieme di tutti i beni culturali pubblici (statali e non), una volta contabilizzati, potrebbe offrire chiara evidenza della enorme ricchezza dell’Italia fino ad oggi del tutto trascurata nel suo aspetto materiale e valorizzata, invece, sul piano squisitamente ideale (che certamente è ugualmente essenziale)”
La proposta è sicuramente innovativa.
Secondo Paletta e Tarasco: “ queste ingegnerie consentirebbero facilmente anche di remunerare il basso costo di eventuali titoli emessi, dove tra i sottoscrittori possono esserci lo Stato, gli investitori professionali, gli stessi operatori economici partner dei progetti, i privati cittadini specialmente se il rendimento di questi strumenti finanziari fosse defiscalizzato per sostenere l’arte e la cultura in Italia come asset strategico nazionale “ in pratica “i sottoscrittori diverrebbero una sorta di sostenitori atipici dei beni culturali italiani, moderni mecenati per i quali all’amore del patrimonio culturale si unisce l’interesse ad utilizzarli nell’interesse pubblico e nel pieno rispetto della normativa vigente: si pensi a particolari condizioni agevolativi di fruizione di quei beni che potrebbero rappresentare una delle modalità per remunerare i sottoscrittori di titoli di quel fondo (visite guidate e meeting riservati negli orari e giorni di chiusura dei diversi istituti e luoghi della cultura pubblici). Un’operazione, questa, non vietata da alcuna norma ma che, se attuata, potrebbe rivoluzionare il modo di concepire il patrimonio pubblico in senso spiccatamente redditivo, a beneficio della finanza pubblica, dell’economia nazionale e, dunque, in piena sintonia con i valori costituzionali (art. 97) della sostenibilità del debito pubblico e dell’equilibrio dei bilanci pubblici”