Professionalizzazione, flessibilità e digitalizzazione: cosa manca ai consulenti del Terzo Settore?

Cosa manca ai consulenti del Terzo Settore italiano?

A Roma, presentati da EUconsult Italia i risultati dell’Indagine sulle competenze dei consulenti del Terzo Settore italiano ed europeo.

Sono in particolare donne (circa 60%), età media 49 anni, con un’esperienza medio lunga nel Terzo Settore (11 anni) e con un alto livello di istruzione (il 50% è laureato e il 31% ha un diploma post laurea). Sono persone versatili e attive in molti campi e investono sulla propria formazione in modo continuo, consapevoli della delicatezza del proprio ruolo al fianco delle centinaia di migliaia di enti non profit attivi ogni giorno sul territorio nazionale.

Questo in estrema sintesi il profilo che emerge dall’Indagine sullo sviluppo delle competenze dei consulenti del Terzo Settore svolta nell’ambito del Progetto europeo Non Profit Consultants’ Skills, cofinanziato nell’ambito del programma Erasmus+ KA210-VET nel campo dell’istruzione e formazione professionale, del quale è capofila EUconsult Italia, l’Associazione che riunisce i professionisti di alto profilo del Terzo Settore.

La ricerca che ha coinvolto 229 professionisti italiani e stranieri, nel mese di luglio 2024, con un questionario online anonimo in 3 lingue – inglese, italiano e spagnolo, ha avuto l’obiettivo di raccogliere dati circa attività, opinioni, atteggiamenti e remunerazione dei consulenti del Terzo Settore italiano ed europeo.

I risultati dell’indagine e, in particolare, il progetto prevede tra l’altro la realizzazione maggio 2025 di un Corso pilota di formazione sulle competenze trasversali dei consulenti e un label che in via sperimentale attesti le skills.

La ricerca è stata curata da Massimo Cealti di Altitute-Cda.

I consulenti che si occupano di formazione, segnalano per il 73% delle difficoltà dal punto di vista dei budget, mancanza di tempo 57% e resistenza al cambiamento da parte delle organizzazioni 55%.

I consulenti si tengono aggiornati frequentando annualmente corsi di formazione (70%) e il 25% investe in termini di tempo più di 51 ore di formazione annua (in media 38 ore).

La situazione dei consulenti dal punto di vista remunerativo è molto varia: si va dalla prestazione gratuita a redditi annuali superiori ai 100k€, con un «fatturato» annuo mediano di circa 30.000€. Esiste anche in questo settore un «gender gap» e va sottolineato che negli altri Paesi i consulenti dichiarano redditi in media più elevati che in Italia.

Le soft skills «sociali» – ascolto, pensiero critico, capacità di collaborazione, empatia, ecc. – sono considerate dal campione competenze prioritarie per essere efficaci nell’operare nel Terzo Settore.

Della loro importanza sono più convinti i consulenti più giovani, donne, con reddito più modesto e che lavorano nel Terzo Settore da meno di 5 anni. Le hard skills «sociali» – gestione delle risorse umane, accountability, governance, sostenibilità, ecc. – trovano invece i loro più convinti sostenitori nei consulenti con redditi di 25k ed oltre, più maturi (oltre i 60 anni) e più istruiti.

Le sfide future identificate dai consulenti sono profonde, ampie e rilevanti. Quelle più cogenti sembrano essere: professionalizzazione, cambiamento e flessibilità, digitalizzazione, diminuzione delle risorse. Se per i consulenti italiani la prima sfida è quella della professionalizzazione, i consulenti degli altri Paesi mettono l’accento sulla diminuzione delle risorse a disposizione.